Un signore anziano di 82 anni e una giornalista giovane di anni 24 sono seduti insieme su una panchina in un parco. Lei, giorni prima, aveva chiesto a lui gentilmente di raccontarle la sua storia, la sua opera di beneficenza in modo da parlarne sul giornale presso il quale lavora. L’anziano, che di nome fa Aldo Bonaventura, ha accettato. Nei giorni che precedono l’incontro si è preparato, ha perfino riaperto la scatola con le vecchie fotografie per scovarne qualcuna di significativa che potesse aiutarlo a ripercorre la sua storia e quella della sua amatissima moglie.
Aldo è un uomo buono, molto buono. Ha vissuto situazioni dolorose ma l’ha sempre fatto a testa alta e con gran perseveranza. È malinconico, quasi sopraffatto dal tanto male che alberga nelle persone nel mondo ma riesce ad andare avanti con la sua vita continuando nonostante tutto a fare e dire del bene. È nato in condizioni sfortunate e la sua vita è stata caratterizzata da abbandoni. Si è dimostrato un grandissimo Uomo quando si è innamorato di sua moglie (quando leggerete il libro capirete di cosa parlo).
Anche Daniela, la giornalista porta racchiuso in sé un dolore profondo. Mi voglio complimentare con l’autore per il tatto con il quale ha toccato il tema, è forse l’unico argomento che rifuggo come la peste ma è stato molto abile a narrarlo con delicatezza quindi ho apprezzato molto.
Per chi ha letto “Il miglio verde” del celebre Stephen King credo che come me troverà delle somiglianze tra il signor Aldo e John Coffey e questo mi ha fatto apprezzare tantissimo il libro, amo John Coffey e ho provato una grandissima stima e amore per Aldo. Le mani di Aldo pulsano, danno segni reali, scottano. Aldo ha un potere speciale, bellissimo che sa usare con sapienza.
L’autore parla di violenza domestica, di padri-padroni tanto cattivi quanto vittime di se stessi. Parla di lutto, di perdita dei propri cari. Tratta il tema dell’abbandono con uno stile semplice ma al contempo vivo e diretto. La sofferenza di chi lo subisce è palpabile. C’è sempre però un filo di speranza e di serenità rappresentato dai pettirossi, uccellini dolcissimi che rimangono costanti nel tempo donando sicurezza. Si parla inoltre di famiglia, di genitori dimostrando molto bene che i genitori non sono solo coloro che danno la vita ma anche coloro che crescono e danno amore ad un figlio che non condivide il loro DNA. È una storia di vita, di amore e di fragilità. Le nostre fragilità non sono altro che i nostri punti di forza, dobbiamo solo accettarli e non subirli. Mai.
Consiglio a tutti questo libro perché è scritto benissimo, con uno stile scorrevole e mai banale; la storia è bellissima, originale e costruita in modo ineccepibile. I temi trattati sono molti, tutti di un certo peso e sono inseriti all’interno della narrazione in modo logico, naturale e di forte impatto. Ho sentito vivo Aldo, presente quasi come fosse mio nonno e lo conoscessi davvero, non è facile trovare personaggi caratterizzati così bene da sembrare reali quindi i miei complimenti vivissimi all’autore.
Mi ha toccato nel profondo del cuore, è qualcosa che mi capita assai di rado, questo è uno dei pochi libri che mi ha accarezzato l’anima, davvero. È bellissimo quando semplici lettere messe in fila su carta fanno vivere vite e danno forti emozioni, risvegliando nel lettore emozioni sopite, sentimenti forti tenuti nascosti.