Su consiglio della talentuosa autrice Lucia Carluccio, memorabile il suo “Il cigno e la ballerina” e la sua raccolta di racconti “Nitida dallo spessore del cielo”, ho letto questo romanzo.
Jeanine Cummins in questo volume ci racconta un viaggio crudo, triste e realistico al punto da graffiare sulla pelle. Lydia e Luca da un momento all’altro, nel bel mezzo di una grigliata familiare, si ritrovano a essere soli al mondo. Una strage cruenta perpetrata da un cartello locale porrà fine all’infanzia di Luca e costringerà Lydia ad abbandonare i suoi cari per partire verso luoghi più sicuri.
È un romanzo forte e commovente che racconta la forza e la tenacia di una madre nel saper mettere al primo posto sempre suo figlio. È un viaggio alla ricerca della salvezza e della cura interiore per cercare di venire a patti con qualcosa di troppo devastante da immaginare figuriamoci da vivere.
Lydia e Luca incontreranno varie persone durante il loro cammino e sosterranno prove difficili, cammineranno come equilibristi sul filo del rasoio della loro esistenza, aggrappati con i denti a questa vita che qualcuno ha voluto tristemente distruggere con un cinismo che appartiene solo ai peggiori criminali.
Interessanti sono le relazioni che si instaurano tra sconosciuti, quel mutuo aiuto che viene spesso proprio da chi non si conosce ma che si trova a vivere la stessa situazione nello stesso momento. Luca affronta tutto con pragmatismo, forse troppo piccolo (8 anni) o forse troppo scioccato per affrontare qualcosa troppo grande per lui. Fa tenerezza come sciorina informazioni geografiche di quasi nulla importanza rendendosi a suo modo utile in momenti più o meno cruciali del viaggio.
Encomiabile è il grande cuore che dimostra nei confronti di amiche conosciute durante il viaggio, bello come i sani principi resistono evitando di renderlo animalesco anche laddove la situazione prende una piega estremamente critica.
Non entro nei dettagli onde evitare spiacevoli spoiler, ma pensando alla doppia faccia di Javier mi è saltato subito alla mente “Il profumo delle foglie di limone”. È incredibile come ci siano persone che riescono a costruirsi un’immagine idilliaca per nascondere il marciume che hanno dentro. Forse è proprio grazie a questa infernale “abilità” che tutt’oggi molte donne sono vittime di femminicidi: è difficile cogliere segnali di squilibrio in persone che sanno recitare la parte molto bene. Talvolta, sono convinta, sia anche un meccanismo inconscio per ripulirsi la coscienza perché credo che nessuno possa vivere con la coscienza sporca quindi diviene necessario costruirsi una sorta di seconda pelle, una maschera che però per qualche meccanismo psicologico a me sconosciuto ad un certo punto cade creando voragini immense e soprattutto svelando chi c’è davvero dietro l’involucro esterno.