L’ACQUA DEL LAGO NON E’ MAI DOLCE- GIULIA CAMINITO

Il libro narra le vicende di una famiglia in difficoltà economica che cerca di galleggiare nel mare impetuoso e a tratti cattivo che è il mondo. Antonia, la madre, è una donna forte, determinata, battagliera e a tratti dispotica. Sa quello che vuole e non si ferma davanti a nulla pur di raggiungere i suoi obbiettivi. Ha sani principi che rispetta nonostante talvolta sia più facile o conveniente fingere che essi non ci siano. Ha 4 figli, l’unica femmina si chiama Gaia ed è anche la protagonista principale, la voce che ci racconta le sue vicende.

Gaia cresce osservando sua madre impegnarsi al massimo per garantire un tetto sopra alla testa alla sua famiglia, del cibo nel piatto e una sana educazione. Antonia, per quanto non abbia grandi competenze, è decisa nel suo impegno affinché i figli si realizzino e abbiano una vita più serena. Questo suo grande impegno viene recepito dai figli come una “dittatura” che subiscono passivamente all’inizio e alla quale cercano di rifuggire in seguito. È interessante notare come Gaia reagirà in modo diverso rispetto alla madre alla sua situazione difficile. Metterà in campo comportamenti più distruttivi che costruttivi, calpestando i valori morali che nonostante tutto la madre ha cercato di trasmetterle.

Antonia non è riuscita a pieno a trasmettere ciò che di buono aveva da dare, la sua rabbia positiva nei confronti del mondo, il suo lottare per non sentirsi inferiore è stato recepito dai figli con grande frustrazione.
Gaia galleggerà tra accettazione, voglia di rivalsa e necessità intrinseca di costruirsi un proprio percorso anche a costo di scontrarsi con i principi materni e le lezioni imparate. Ha un bisogno forte di sentirsi accettata, un po’ come tutti gli adolescenti e le persone in generale, ma strappa e spreca anche le più piccole conquiste per la frustrazione del fallimento. Si sente sempre diversa, l’ultima, colei che si trova un gradino più in basso degli altri, la qual cosa in certi ambiti è vera, se pensiamo al luogo in cui vive o alla sua situazione economica, è pur vero però che il senso di inferiorità respirato in famiglia volente o nolente l’ha fatto suo e ci ha costruito sopra un modo di essere e di vivere che risulta più controproducente che utile.

Attraverso le pagine del romanzo accompagniamo Gaia dall’essere bambina a essere giovane adulta e vedremo crescere in lei la stessa tenacia della madre anche se incanalata in modo diverso, oserei dire più negativo. I sani principi materni vengono calpestati senza rimorsi. Gaia si concentra più sul presente, su ciò che le accade intorno più che progettare un futuro che si fa sempre più prossimo.

SANGUE AGLI DEI- STEFANIA P. NOSNAN

L’ultimo romanzo di Stefania Nosnan è un thriller poliziesco ben costruito. In una cornice epica ed evocativa come solo i grandi Canyon del Nuove Messico sanno essere, agisce indisturbato un killer di donne. Il modus operandi è sempre lo stesso così come il giorno prescelto per porre fine alla vita delle sue vittime riporta sempre le medesime caratteristiche.

Hastiin, il tenente della riserva Navaho, non ha però le risorse ne tanto meno le competenze per fronteggiare una sciagura simile, abituato a vivere in un Paradiso ambientale nel quale tutti si conoscono e vanno d’accordo. Le morti non si placano e Hastiin si vede costretto, suo malgrado, a chiedere aiuto al dipartimento di polizia di Albuquerque.

Il capitano del dipartimento di Albuquerque non esita a correre in suo aiuto e gli assicura che gli manderà il suo detective migliore con una squadra al seguito per far fronte alla situazione nel più breve tempo possibile. Hastiin è sollevato anche se teme l’invasione di persone non natìe dei luoghi: i Navajo sono abitanti molto fedeli alle usanze e non amano interferenze.

Potete dunque immaginare la sorpresa seguita dalla stizza quando Hastiin vede per la prima volta il detective Nelson e scopre essere una donna!! Giovane per giunta.

Tra i due nasce subito un’antipatia mista a gelosia, inizia un gioco di forze e di caratteri che evolverà in maniera inaspettata.

In questo volume Stefania è stata bravissima a dipingere come un quadro il contesto geografico e storico della popolazione, tra le pagine si scoprono usanze e pensieri di una delle riserve più grandi per estensione e per popolazione. Il ritmo è coinvolgente e le dinamiche si sviluppano in modo serrato creando una necessità impellente da parte del lettore o della lettrice di continuare a leggere per scoprire chi si nasconde dietro l’oscura figura del killer.

Ma non è solo un poliziesco dalle tinte western, è anche una storia d’amore. Questa volta però, mi duole dirlo, l’autrice ci ha regalato una storia più degna di un chick-lit (con tutto il rispetto dovuto) che una storia profonda e sentimentale come ci ha abituati nei precedenti romanzi. Non entro nel merito per non fare spoiler ma gli amanti del genere chick-lit sicuramente apprezzeranno molto questo volume.

In questo libro si parla anche della difficoltà per l’essere umano in generale ad accettare il diverso e lo sconosciuto, ad aprirsi a culture diverse per timore di una contaminazione o di un furto di identità. Furto ovviamente non in senso letterale però sicuramente quando più culture si incontrano nasce sempre qualcosa di nuovo ed eterogeneo, avviene un’evoluzione talvolta costruttiva in termini di crescita, ma che può essere deleteria per la conservazione di usi e costumi locali. Si parla inoltre di violenza domestica e di come i traumi infantili inevitabilmente ci formano e ci definiscono finendo per comandare le nostre azioni anche nell’età adulta.

Io leggo molti thriller e polizieschi quindi mi capita sovente di incontrare personaggi che hanno avuto un’infanzia difficile che cercano di riscattare perpetrando del male sugli altri. La riflessione che mi sorge spontanea ogni volta è se esiste un altro modo per mettere a tacere i propri fantasmi o se per forza bisogna passare da altra violenza per placare il proprio animo. È vero che da violenza si genera violenza soprattutto perché gli schemi comportamentali che applichiamo in tutta la nostra vita sono quelli che assimiliamo da molto piccini, però forse ci può essere un modo più produttivo e salvifico per uscire da questa spirale. Non voglio, ovviamente, sminuire o sottovalutare la portata di certi traumi, sia chiaro; anzi vorrei evidenziare l’importanza di un percorso psicoterapeutico che possa aiutare il paziente a canalizzare positivamente le sue emozioni. Il famoso detto “se mediti una vendetta scava la fossa per due” mostra tutta la sua concretezza se pensiamo alle conseguenze psicologiche e sociali che killer seriali devono affrontare dopo aver perpetrato i loro crimini.

PER I SOGNI NON CI SONO SEGRETI- CLAUDIO CHIAVARI

Claudio come sempre è una certezza, ho letto 4 libri suoi, compreso il volume che sto per raccontarvi e ho notato un filo che li accomuna tutti: la sensibilità e la delicatezza con la quale accarezza l’anima del lettore. Le sue parole sono balsamo per l’anima e spunto di riflessione concreta per il cervello. Chiusa l’ultima pagina ci si sente rinvigoriti e rincuorati, pieni di un’energia nuova e propositiva.

L’editore che apre il romanzo descrive Claudio in questo modo: “è apparso ai miei occhi, da subito, come il gigante buono […] percepisce il malessere degli altri e con un sorriso trova il balsamo che lenisce i mali. I suoi libri sono esattamente così” e io non posso che essere d’accordo in quanto le sue parole rispecchiano alla perfezione l’idea che ho io dell’autore pur non avendolo mai conosciuto di persona.

Veniamo ora al libro in oggetto :“Per i sogni non ci sono segreti” è un diario più che un romanzo, un diario autobiografico attraverso il quale l’autore racconta il su viaggio a piedi lungo la via Francigena fino a piazza San Pietro (Roma). Viaggio durato 5 giorni che ha compiuto sempre da solo, cercando di tenersi lontano pure dai social in modo da rigenerarsi e riscoprire la bellezza di stare in mezzo alla gente e intessere relazioni, come lui stesso ammette tra le pagine. D’altronde l’uomo è “un animale sociale” come diceva Aristotele, ma talvolta ha bisogno di momenti di solitudine per rigenerarsi e apprezzare maggiormente gli affetti che lo circondano.

La particolarità di questo libro, rispetto magari ad altri diari di viaggio, è la prospettiva dalla quale è scritto che trovo per l’appunto molto originale: Claudio infatti racconta la sua esperienza facendo parlare Testa, Piedi, Pancia e Corpo. Laddove gli appena citati rappresentano letteralmente le parti del suo corpo.

Segue uno stralcio da esempio:

E meno male che ci avevi assicurato che la mattina non avremmo incontrato salite…

Ma vi lamentate sempre? Anche quando siete belli freschi profumati?

Eccola la grande motivatrice. Che ne sai tu di fatica? L’unica fatica che fai è guardare bei panorami…

Dite questo perché pensate che io sia completamente slegata da voi. Credete che io sia libera di andarmene per conto mio a filosofeggiare e non debba subire tutte le preoccupazioni e le vostre fatiche, come tutte quelle di resto di Corpo?

È interessante vedere come Testa e Piedi siano effettivamente collegati in un tutt’uno senza soluzione di continuità. La Testa è il centro nevralgico di controllo, la fonte primaria di idee e pensieri che deve stare attenta alle necessità e ai bisogni del resto del Corpo per poter portare avanti al meglio i suoi obbiettivi. Il nostro Corpo è una squadra, ogni sua parte ha un’importanza vitale ed è bene che sia messa nelle condizioni mentali e fisiche ottimali per poter svolgere al meglio le proprie funzioni. Ecco quindi che Testa si prende cura di Piedi dopo una lunga giornata di cammino spalmando creme e donando loro riposo per esempio.

Inevitabilmente il viaggio di Claudio non sarà solo fisico e pratico ma avrà anche un risvolto psicologico e spirituale. “Necessario eliminare le impurità che li attanagliavano per poter camminare meglio. Più spediti” È evidente il riferimento anche metaforico.

Per lui infatti è l’occasione per vincere certe paure e cercare di tornare alla vita di prima considerando che ha intrapreso questo viaggio appena dopo il primo lockdown (2020). sarà occasione di profonde riflessione come ad esempio quella scaturita dall’incontro di un cagnolino proveniente da una villa lussuosa “Vedere quel cagnolino che aveva cercato compagnia e coccole al loro passaggio la fece riflettere su quanto sia inutile basare la propria esistenza sul lusso. Per lei non era importante l’agio della ricchezza materiale, quanto più la ricchezza di essere se stessi. Non la gabbia dorata, ma la condivisione del proprio essere

Ecco quindi che attraverso 102 pagine Claudio ci fa venire voglia di viaggiare, visitare luoghi senza dimenticarci di seguire sempre il nostro passo, affrontando ostacoli e difficoltà senza abbatterci, così come nel lungo percorso di vita e ci dona anche pillole per accrescere la nostra autostima e la consapevolezza di noi stessi come persone imperfette ma non per questo meno valide.

Nelle ultime pagine l’autore chiude il cerchio aperto a inizio libro incoraggiando il lettore a lottare per i propri sogni “Che cosa c’è di sbagliato nel cercare di realizzare i propri sogni? Che cosa c’è di male nel sognare ad occhi aperti?” e a non disprezzare un’esperienza solo perché contaminata da insidie come la neve sulle cime delle montagne: “accomunava i cristalli di ghiaccio che le rivestivano al gelo che si portava dentro ormai da tempo immemore. Non capiva la benevolenza di quell’accumulo nevoso, necessario a completare un ciclo biologico fondamentale per la natura” Questa metafora mi è piaciuta un sacco, credo racconti alla perfezione il messaggio secondo il quale, come già detto sopra, è proprio l’imperfezione a rendere unica e speciale ogni esperienza e, come si suol dire “Non tutti i mali vengono per nuocere”.

Chiudo sottolineando la bellezza delle descrizioni dei luoghi e dei paesaggi, molto suggestive. Mi sono commossa leggendo e immaginando Claudio sul Monte Mario in contemplazione del paesaggio sottostante “la Cupola di San Pietro che offuscava le altre decine di cupole delle infinite chiese romane. L’Altare della Patria, che si ergeva possente in contrapposizione al Cupolone quasi a ricordare il non sempre rispettato detto cavouriano “Libera Chiesa in libero Stato” il Colosseo…

SE SOLO…- LOREDANA CRUPI

Alev e Gunes sono due sorelle molto legate. Hanno alle loro spalle una famiglia meravigliosa, due genitori che si amano e che hanno conquistato con la forza di volontà la loro splendida unione. Vivono in Turchia, a Izmir per la precisione.

Alev ha la passione per la fotografia ereditata dal padre, Gunes ama invece scrivere ed è molto sensibile a temi sociali in particolare la lotta contro la violenze sulle donne.

Le due ragazze hanno anche un fratello, forse meno protagonista all’interno del libro ma non meno importante: Orion. Un ragazzo vivace e molto empatico, divenuto da adulto un bravissimo veterinario.

La vita di questa famiglia viene distrutta da un evento tragico. Ogni membro reagirà a modo suo, chi chiudendosi in se stesso e allontanandosi dal gruppo, chi donando aiuto agli altri e portando avanti missioni altrui.

Alev in particolare sarà la protagonista sulla quale si concentrerà la storia. Una ragazza fragile, con un peso sulle spalle non indifferente ma che riuscirà a svoltare in positivo una vita apparentemente distrutta.

È proprio grazie alle scelte altruistiche di Alev che abbiamo modo di conoscere Hande: un’altra grande protagonista del romanzo anch’essa turca, nata nel villaggio di Sirince.

Hande è una donna a cui la vita sorride, nonostante un padre troppo protettivo e attento. Inizia una storia d’amore che si prospetta meravigliosa fino ad un evento tragico che farà naufragare la sua esistenza. Rimettere insieme i pezzi non sarà facile anche perché le conseguenze della disgrazia sono ben visibili: piangono e si muovono.

Il destino le ha fatto incontrare le persone giuste, attente e disponibili che l’hanno aiutata a superare e sopportare un momento molto difficile.

Nel complesso è un romanzo di rinascita, racconta la storia di donne sfortunate, alle quali è crollato il mondo addosso ma che in qualche modo sono riuscite a rialzarsi e a ripartire con un’energia positiva che le ha permesso di svoltare in modo favorevole la loro vita. Sono donne che nei momenti più bui sono riuscite ad affrontare e superare i “se solo…” della loro vita, i rimpianti e le difficoltà. Ricominciare da zero non è facile, le cicatrici rimangono, come dice Hande: “nella mia anima rimarrà per sempre la scheggia del mio passato, ma il tempo l’ha trasformata da pietra tagliente in una preziosa gemma di valore perché mi ha fatto comprendere la donna che vorrò essere”.

Encomiabile è l’idea dell’autrice di coinvolgere giovani artiste per arricchire il romanzo di poesie e disegni significativi. Questo libro è dunque frutto di un lavoro comune di donne volenterose di far sentire la loro voce e metterla al servizio di altre persone.

È un romanzo che riesce bene a coinvolgere e a creare empatia con il lettore; in particolare io, avendo una sorella, ho sentito addosso le loro emozioni e le loro tristezze. L’unica precisazione che mi sorge è che forse nel libro vi sono raccontati troppi eventi tragici, il testo è stato sovraccaricato di situazioni funeste al fine di sensibilizzare su tematiche quali la violenza di genere e la necessità di non lasciarsi abbattere dalle difficoltà della vita. L’idea è ottima perché il messaggio che se ne evince è bellissimo, ma avrebbe raggiunto lo stesso scopo anche raccontando meno situazioni infauste ed eventualmente soffermandosi maggiormente su alcune situazioni; in particolare mi sarebbe piaciuto leggere più aneddoti riguardanti il rapporto tra sorelle e l’amicizia con Hande. A tratti mi ha ricordato i libri di Nicholas Parks, il che può anche essere letto come un complimento naturalmente.

Lascio per concludere alcune tra le frasi più significative del testo:

Vivere è una scelta continua!

Affrontare le difficoltà senza guardarsi indietro

Nulla ricompensa di più dell’essere se stessi!” questa frase andrebbe scritta a caratteri cubitali.

Nella vita non è realmente importante conseguire i propri obbiettivi, ma sognare e valorizzare l’esperienza acquisita nel perseguirli

L’APPARTAMENTO DEL SILENZIO DI GIANNI VERDOLIVA

Ho conosciuto Gianni Verdoliva con il suo romanzo “Ritorno a Villa Blu”, un bellissimo romanzo che narra storie d’amore universali, incontri e scontri che attraversano ogni barriera spazio-temporale, l’atmosfera è sempre suggestiva e mistica, leggendo il suo libro si viene trasportati in un’altra dimensione, onirica e sognante.

“L’appartamento del silenzio” riprende queste tematiche e ripropone uno stile magico e coinvolgente dando spazio in particolare alle donne.

È un storia di malinconica tristezza, di affetti perduti e altri acquisiti. Beppe è solo, dopo aver perso la sua amata e la sua bambina. È nostalgico e decide di cercare una nuova casa dove abitare. Non vuole un’abitazione qualunque, ma durante i sopralluoghi spera di ricevere dei segnali che gli dimostrano di essere accolto e destinato a quella dimora.

Regina e Manuela, agenti immobiliari, d’altra parte hanno un appartamento invenduto da tempo e la vista del signor Novari forse potrebbe porre fine a quel piccolo fallimento.

Appena Beppe varca la soglia di quello che Regina ha rinominato ‘appartamento del silenzio’ sente un’energia positiva e un gran calore accogliente che lo avvolge. Sente di aver trovato la sua dimora e decide di stabilirvisi.

Marcello e Stefano, due fratelli molto uniti e nipoti di Beppe, vanno spesso a trovarlo e in una certa misura per Beppe sono come figli che non ha mai avuto.

Come accennato prima, in questo romanzo si dà spazio alle donne ed è proprio la storia di Gigliola a portare alto l’onore delle donne, mostrando una forza e una gratitudine non scontate. Gigliola proviene da una situazione complicata, ma con l’aiuto di Regina e Manuela tenterà di riscattarsi. Lascio a voi lettore la curiosità di scoprire come si evolve la vicenda.

È un libro che parla di rinascita e di ritrovata serenità. Vuole essere un invito a non mollare e a non sentirsi soli durante il lungo percorso della vita perché chi abbiamo amato ci accompagnerà sempre, anche se purtroppo a volte non in forma fisica e reale a fianco a noi.

NUVOLE AL TRAMONTO DI DOMENICO CORNA

Martina ha lo sguardo rivolto verso l’alto, guarda le nuvole appoggiata al tronco di un salice. Si alza un po’ intorpidita, sopraffatta da una sensazione di disagio difficile da definire e si guarda intorno un po’ confusa. Si incammina e ad un certo punto intravede una casa. Suona il campanello e una signora anziana viene ad aprire. Ginetta la riconosce subito e ne è felice, Martina è frastornata e non ricorda nulla.

L’inizio è sognante e mistico, il lettore è pervaso da un senso di incompiutezza e da un’atmosfera onirica e fantasiosa. Andando avanti con le pagine si riesce a contestualizzare questo inizio un po’ fantasy e favolistico senza perdere del tutto mai la misticità e un senso di sospensione dalla realtà.

Si tornerà all’infanzia di Martina, una bambina particolare, con una fantasia estremamente spiccata. I genitori, inizialmente accettano questa sua peculiarità, poi ne diventano sempre più infastiditi fino ad arrivare ad escogitare delle punizioni per farla smettere. Il loro timore è che rimanga sola senza amici, parla con i cani per strada ma non riesce a stringere alcuna amicizia umana. Il metodo coercitivo del padre però sarà benzina per il fuoco che arde nella piccola.

È una favola per adulti, un romanzo emozionante, a volte crudo, che dipinge una realtà ai margini della società avendo come filo conduttore l’ingenuità e la fantasia fanciullesca. Chi non ha mai avuto un amico immaginario? L’autore parte da questo espediente per raccontare l’emarginazione, la difficoltà a sentirsi accettati in un mondo fortemente conformista, il dolore che i genitori provano quando si accorgono che i loro figli faticano a entrare negli schemi imposti silenziosamente dalla società.

ANATOMIA DELL’ESSERE ANIMA DI ANNA MARIA RUSSO

Leggere poesia fa bene all’anima, cura e medica, fa riflettere e trasporta in un mondo dolce e soffice presso il quale chiunque può sentirsi compreso e accettato e ritrovare quel benessere magari smarrito tra le pieghe della vita quotidiana.

Leggere poesia è un bisogno intimistico, quasi primordiale, una necessità latente della quale ci si rende conto solo quando si inizia ad immergersi tra i versi.

La silloge poetica di Anna Maria Russo è formata per lo più da poesie brevi, pochi versi intensi e diretti. Sono poesie che inducono il lettore a porsi delle domande, a guardarsi dentro, percepirsi e capirsi. “Mi sento immerso nell’incubo di non riconoscermi più. […] Perché devo passare per la disumanità per tornare umano?

Intrappolata in questo ideale del mio io, in questo porto sicuro che non mi fa navigare

parole dure, taglienti, scomode perché obbligano in qualche modo a fare i conti con la realtà, con i nostri sentimenti più profondi, quelli che spesso cerchiamo di allontanare per non soffrire.

Voglio puntare in basso. […] Voglio puntare sulle mie basi, in basso verso il mio Altissimo

L’autrice ha scelto un ordine preciso per le poesie, ci sono otto sezioni che accompagnano il lettore dal momento in cui è chiamato a guardarsi dentro, allo specchio, riconoscersi, passando poi per le brutture, il dolore, il crollo della struttura per poi riemergere più forte e solido di prima ritrovandosi. “Ritrovarsi” è proprio il titolo della penultima sezione, l’ultima è “Essenza” che recita tra gli altri questi versi splendidi: “La mia altezza è nella testa e nel cuore

Cerco una forma che mi rispecchi” questo è l’augurio che l’autrice fa a tutti i noi e che condivido e rinnovo anche io, questo piccolo libro di poesie vuole provare ad aiutare l’altro a ricostruirsi, ari-strutturarsi, trovare una nuova forma più consona e più comoda, meglio modellata su noi stessi, un vestito che si confà al nostro essere in modo da sentirci liberi e apprezzati nella nostra forma più trasparente e vera.

USCIRE DA MATRIX DI CLAUDIO MARIO CHERUBINI

Questo libro nasce dall’esigenza dell’autore di superare i propri limiti e le proprie sofferenze riflettendo su come queste derivino da percorsi personali ed esperienze passate. È un libro che l’autore scrive principalmente per se stesso ma che con grande altruismo e spirito di condivisione ha deciso di pubblicare affinché possa essere d’aiuto anche ad altri. È un libro necessario, trascende qualunque genere letterario e qualsivoglia gusto personale, è un saggio, una raccolta di pensieri ed esperienze dell’autore ma non solo. L’autore cita film famosi, celebri personaggi, testi conosciutissimi tra i quali anche la Bibbia per parlare dell’uomo, della sua essenza più intima avvalorando costantemente l’importanza dell’uomo in quanto tale. Gli spunti principali che si colgono sono l’importanza immensa dell’agire superando i propri limiti che, per la maggior parte dei casi, non sono altro che auto imposti. “I sogni non sempre si realizzano, perché si è smesso di crederci”, tutto dipende da noi, da come reagiamo alle situazioni, dalla nostra capacità di evolvere e prendere solo il buono anche dalle situazioni più disparate.

Bellissima anche la riflessione sul perdono “perdona non perché loro meritano il perdono ma perché tu meriti la pace” oppure “provare odio e sentimenti negativi è come bere veleno sperando che l’altro muoia”. Due frasi che non necessitano commenti, ma che al contrario incitano e stimolano all’azione in avanti, all’essere propositivi ed efficaci costruendo consapevolmente il futuro senza perdersi in inutili quanto dannosi pensieri sul passato.

È un libro che infonde autostima e al contempo investe il lettore di grande responsabilità in quanto dice chiaramente che ha in mano la sua vita e le sue scelte.

FOTOGRAFIE EMOZIONALI DI SILVIA VERNUCCIO

Si parla molto spesso di emozioni nominandone alcune, tra le più famose, dando per scontato che tutti sappiamo di che cosa si parla e soprattutto convinti che esista un’oggettività universale per cui ad una tale emozione è associato un tale significato. Così non è. Le emozioni sono tante e variegate, numerose sono le sfumature e i significati profondi che si celano dietro ad esse. “Diamo per scontato che il significato che noi attribuiamo alle emozioni corrisponda a quello che attribuiscono chi ci ascolta, purtroppo non è sempre così

È importante educare la nostra mente e la nostra anima a riconoscerle e accettarle. Si parla troppo poco di educazione emozionale, la mente razionale e logica hanno sempre la meglio rispetto all’aspetto emotivo. Perché succede questo? Perché ciò che non conosciamo o che non conosciamo con sicurezza ci spaventa e preferiamo accantonarlo. Ma come possiamo conoscere bene una cosa se non ci soffermiamo su di essa? Come possiamo pensare di divenire progressivamente consapevoli delle nostre emozioni, delle nostre sensazioni se non ci fermiamo mai a chiederci cosa stiamo provando, come ci sentiamo.

Parlare di emozioni è stato fatto e verrà fatto ancora numerose volte quindi ad un primo sguardo il libro di Silvia non propone nulla di nuovo. Ecco, solo ad un primo sguardo in quanto l’autrice ci regala invece un punto di vista inedito sull’argomento.

Già il titolo mi aveva colpito molto, mi ha trasmesso un’immagine diretta, immediata e la mia prima intuizione non mi ha tradito. Il punto di forza di questo libro è proprio la sua capacità di entrare in contatto con il lettore direttamente, narrando o meglio “fotografando” situazioni realistiche e immediate nelle quali chiunque si può riconoscere. Questo libro raccoglie 22 brevi racconti ognuno con protagonista un’emozione. Il lettore con facilità si immerge nella situazione.

La capacità di descrivere e narrare di Silvia è unica, io avevo già amato un suo precedente romanzo “Saudade”.

Questo breve saggio ha l’intento (secondo me ben riuscito) di spingere il lettore a riflettere sull’importanza delle emozioni, sulla loro conoscenza perché solo riuscendo a riconoscerle riuscirà a viverle profondamente e di conseguenza vivere pienamente. “Essere consapevoli delle proprie emozioni significa essere presenti nella totalità di noi stessi, nella nostra vita e in quella delle persone con cui scegliamo di interagire

È un libro che vi spingerà a vivere, ogni emozione, anche quelle negative perché ogni esperienza ci dona qualcosa basta saperla cogliere. Spesso scappiamo dalle emozioni negative, tendiamo a nasconderci, a girarci dall’altra parte senza soffermarci sulla loro fonte, sulle motivazioni che si celano dietro di esse. Questo comportamento non ci è da aiuto perché ci impedisce di ricercare le cause e debellarle o quanto meno agire affinché non si ripresentino. “Le emozioni, anche le più spiacevoli, non sono nostre nemiche”.

Osservare senza giudicare sia la nostra mente razionale sia quella emozionale: affinché possiamo entrare in contatto e dialogare con entrambe, ma senza che nessuna delle due ci domini o finisca per sostituirsi al nostro vero io

SEMPRE ATTORNO ALLA LUCE DI FILIPPO PASQUALETTI

Un uomo è stato trovato morto all’interno di una teca di vetro immerso nella formaldeide. Gli agenti Ewson e Jacob Marr indagano sull’omicidio. La situazione appare subito strana in quanto non si vedono le giunture del vetro, come fosse un pezzo unico e quindi sorge spontaneo chiedersi come abbia fatto l’assassino a inserire i corpi pressochè intatti ad eccezione dei tagli compiuti per esportare organi.

Conosciamo da subito il passato dei due poliziotti, nel caso di Ewson è un passato triste e tetro, nel caso di Marr è più malinconico e nostalgico, ricoperto di quel “se fosse stato”.

Quando viene trovato morto Mark, sempre con le stesse modalità spiegate all’inizio, entrano in scena quattro ragazzini musicisti. Hanno una band chiamati Knockdowns e Mark era il loro primo fan nonchè compagno di scuola. Subito dispiaciuti hanno voglia di mettersi in gioco in prima persona per scoprire il responsabile dello scempio. La polizia intanto è in alto mare.

Dopo le due morti Mike, uno dei ragazzini, inizia a fare incubi ricorrenti e raccapriccianti, vede ombre nella sua camera che pare si avvicinino a poco a poco finché lui si rifugia sotto le coperte per proteggersi. Sembrano le classiche paure dei bambini, in questo l’autore è stato molto bravo a giocare con aspetti nei quali il lettore facilmente può immedesimarsi, ma in realtà man mano che la narrazione prosegue questa ombra assumerà sembianze umane e darà istruzioni precise a Mike.

Anche agli altri ragazzi accadranno cose strane, viaggeranno nel tempo e nello spazio, si troveranno a vivere in prima persona fatti accaduti secoli prima. Inutile dire che gli adulti faticheranno a crederci, anche i protagonisti stenteranno a credere a quello che hanno vissuto se non che degli strascichi sono evidenti anche nel mondo reale tanto da portarli a chiedersi cosa sia reale o meno.

Il punto forte di questo libro è la capacità dell’autore di aver caratterizzato tutti i personaggi, anche quelli minori hanno una loro concretezza. Vengono inseriti dettagli per facilitare l’immaginazione del lettore. È incredibile come ogni cosa assume un significato preciso alla fine del libro, guardandosi indietro si comprende come nulla è lasciato al caso. Fin dalle prime pagine vi è un’alternanza tra la narrazione poliziesca-thriller e alcuni paragrafi dedicati al fantasy, all’Oscuro Sire e a Ezra’il. Sembrano nomi buttati lì, staccati dal filone principale della narrazione invece sul finire del libro acquisiscono sempre più senso contribuendo ad un finale spettacolare.

Il punto debole di questo romanzo sono alcuni dialoghi, in particolare gli interrogatori della polizia sono inverosimili e io da amante dei polizieschi non ho potuto non constatare questo aspetto. Ho trovato invece la parte fantasy ben fatta e ben strutturata, preciso però che non sono esperta di fantasy in quanto ne ho letti molto pochi pertanto vi chiedo di scusarmi se qualche amante di fantasy leggerà queste righe e poi leggerà il romanzo e non si troverà d’accordo con quanto ho affermato.

È un romanzo capace di tenere incollato l’autore, c’è tanta azione ma non mancano i momenti più intimi e sensibili. Nascono amicizie forti e sbocciano amori. Si parla di violenza e di adozione con tutte le paure e le insicurezze che da quest’ultima derivano. Ho trovato cura nei dettagli, è una narrazione profonda senza essere pesante, mantiene una buona scorrevolezza senza peccare di superficialità. Bella anche la riflessione riguardante i soldati: anche se uccidono e compiono il male sono anche loro stessi vittime di un sistema più alto e insensibile che gioca con le vite umane come fossero soldatini di stagno.

Per la grande dose di avventura e suspence e per un linguaggio giovanile consiglio il libro anche agli adolescenti.

Resistenza. Questa è la parola. Perché l’oscurità si raduna sempre attorno alla luce. Ma se la fiamma della speranza è viva, allora la luce resisterà e quando troverà abbastanza forza spazzerà via il buio, o comunque lo terrà a debita distanza, permettendo alla vita di nascere e crescere

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